Postura e lombalgia, conosciamole meglio

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La lombalgia è il disturbo muscolo-scheletrico più comune ed è anche uno dei principali motivi per cui ci si rivolge a un terapista (Woolf e Pfleger 2003). Quasi tutti nel corso della vita vengono colpiti occasionalmente da lombalgia, mentre una percentuale della popolazione compresa tra il 4% e il 33% ha costantemente questo disturbo.

La zona della colonna vertebrale maggiormente soggetta a sintomatologia dolorosa è solitamente quella lombare, ovvero compresa all’incirca tra la terza vertebra lombare e la prima sacrale.(discorso a parte meriterebbe il rachide cervicale)

A livello posturale, quando la colonna lombare si flette, aumenta la pressione sul pilastro anteriore, sul corpo vertebrale e sui dischi intervertebrali. Il disco vertebrale, risulta formato da due parti: una parte periferica, l’anulus o anello formato da lamelle concentriche cartilagine, disposte come in una fetta di cipolla e una parte centrale, il nucleo, una specie di biglia ripiena di liquido gelatinoso, l’insieme forma una sorta di ammortizzatore costituito per sopportare il massimo della pressione trasmessa dalle vertebre. Il disco, però è fragile e tende ad invecchiare precocemente e ad usurarsi a causa di cattive condizioni meccaniche, ovvero il mantenimento per un lungo lasso di tempo di posture con la colonna in flessione, di conseguenza il nucleo polposo viene spinto all’indietro mettendo in tensione le fibre posteriori dell’anello fibroso. Quando le fibre dell’anello fibroso sono degenerate, le continue o brusche sollecitazioni che spingono indietro il nucleo discale possono impedire il suo posizionamento in avanti, determinando uno spostamento persistente del liquido del nucleo che può essere solo una sporgenza (PROTRUSIONE) o una vera e propria estrusione (ERNIA). Il termine protrusione indica la prominenza del materiale discale che resta contenuto da un anello fibroso intatto. Quando il materiale discale non è più contenuto dall’anello fibroso si ha una vera e propria espulsione, (dentifricio che esce dal tubetto) in questo caso si parla di ernia discale, tuttavia, una volta oltrepassati i limiti dell’anello fibroso, la stessa ernia può essere contenuta dal Legamento Longitudinale Posteriore (ernia contenuta o espulsione sottolegamentosa).  Se invece l’ernia è più invasiva e oltrepassa il LLP, si ha un’espulsione translegamentosa.  In altri casi l’ernia, dopo aver raggiunto il LLP può scivolare sia verso l’alto sia verso il basso dando origine a un’ernia migrante sottolegamentosa. (figura 1 )

ernia del disco
Figura 1

 

In presenza di protusione discale o di ernia contenuta, il materiale discale si limita a raggiungere il LLP e la messa in tensione delle fibre nervose di quest’ultimo determina un dolore lombare (lombalgia centrle). Se invece l’ernia è più invasiva comprime le strutture nervose situate nel canale vertebrale e crea un’algia radicolare, quanto più grave è l’erniazione tanto maggiore è l’effetto compressivo sul nervo e tanto più estese sono le zone interessate dal dolore radicolare, inoltre possono esservi anche alterazioni dei riflessi, della forza e della sensibilità. La protrusione o ernia discale si verifica più frequentemente tra L5 e S1 (quinta vertebra lombare, prima vertebra sacrale). Quest’ultimo disco è soggetto a maggior usura sia perché sopporta il peso di tutta la parte superiore del corpo sia perché si trova a livello della cerniera lombo-sacrale, dove la parte mobile della colonna si unisce a quella rigida, l’osso sacro; da questa situazione ne può conseguire una LOMBOSCIATALGIA :

Dolore irradiato all’arto inferiore, determinato dalla compressione del nervo sciatico. Può interessare la natica, la regione posteriore della coscia o estendersi fino al piede. La LOMBOCRURALGIA, invece, determina dolore irradiato nella regione anteriore della coscia, normalmente determinato da una protrusione o un’ernia del disco posta fra L3 e L4. Solitamente l’estrusione del disco vertebrale avviene posteriormente, è rara invece un’ernia anteriore.

Se gli sforzi e le posture in flessione possono danneggiare la parte anteriore della vertebra (corpo e disco), l’eccessiva estensione può danneggiare la parte posteriore (arco posteriore e faccette articolari). I traumi e i microtraumi ripetuti in eccessiva estensione possono provocare una frattura dell’istmo vertebrale (SPONDILOLISI) e il conseguente scivolamento in avanti di una vertebra su quella sottostante (SPONDILOLISTESI), le persone affette da queste patologie avvertono un peggioramento della lombalgia nelle posture e nei movimenti in estensione e assumono posizioni antalgiche che riducono la fisiologica lordosi lombare.

Dopo aver spiegato molto in generale le problematiche legate alla colonna vertebrale a livello lombare (non di origine traumatica) sorge spontanea una domanda, è preferibile mobilizzare un rachide in flessione o in estensione? Esistono due teorie completamente opposte a riguardo e potrebbe risultare difficile proporre esercizi adeguati a ogni singolo caso. Esistono autori che propongono esercizi di mobilizzazione in flessione che riducono la lordosi lombare, altri all’opposto che fanno eseguire esercizi in estensione accentuando la lordosi.

Nel programma di mobilizzazione è importante proporre sia esercizi in flessione, sia quelli in estensione, previa conoscenza delle diverse problematiche che possono avere i soggetti. L’aspetto fondamentale rimane quello di avere la capacità di individualizzare il lavoro, soprattutto in base ai segni e ai sintomi riferiti dal paziente, questo sembra essere il metodo migliore per identificare dei sottogruppi omogenei tra la popolazione affetta da lombalgia.

MOBILIZZAZIONE DEL RACHIDE LOMBARE IN FLESSIONE

  • Per ridurre la lordosi lombare
  • Per dare sollievo alle faccette articolari posteriori
  • Per allungare i muscoli estensori del rachide lombare (Gran Dorsale, Spinale del dorso,  Lunghissimo del Dorso, Ileocostale, Trasverso Spinale, Multifido, Interspinali e intratrasversali)
  • Sono mobilizzazioni utili per coloro che lavorano in stazione eretta o in posizioni che accentuano la lordosi lombare
  • In caso di iperlordosi
  • Sindrome da disfunzione della flessione
  • In caso di Spondilolistesi o Stenosi del canale vertebrale (figura 2)

MOBILIZZAZIONE DEL RACHIDE IN ESTENSIONE

  • Viene eseguita per aumentare la lordosi lombare
  • Per dare sollievo al corpo e dischi intervertebrali
  • Per allungare i muscoli flessori del rachide lombare (Obliquo interno ed esterno, Retto dell’addome, Ileopsoas)
  • Utili per coloro che soffrono di lombalgia in posizione seduta e stanno meglio in posizione eretta
  • Utili per coloro che presentano una riduzione o rettificazione della lordosi o una sindrome da disfunzione dell’estensione.
  • Per coloro che presentano una Lombosciatalgia da protrusione o ernia discale oppure postumi di fratture del corpo vertebrale.
figura 2 (mobilizzazione in flessione)

 

Molto spesso ci troviamo ad affrontare situazioni al limite senza avere le informazioni e le competenze necessarie per risolvere questo tipo di problematiche. Non di rado si presentano in palestra persone con una storia importante di lombalgia, le quali vengono ad allenarsi dopo aver affrontato un percorso di riabilitazione; una corretta conoscenza della patologia può aiutarci a proporre un programma di lavoro volto al mantenimento di un buon stato di forma e alla prevenzione di nuovi episodi acuti. Il prerequisito fondamentale per eseguire con successo funzioni dinamiche è avere un tronco forte e stabile. La stabilizzazione del tronco (Core Stability) è definita come l’equilibrio e il controllo muscolare richiesti a bacino, anche e tronco per mantenere la stabilità funzionale dell’intero corpo umano, durante i movimenti dinamici di tronco e arti. In nessun campo il concetto di stabilità dinamica è più importante che nello sport. In altri termini, il tronco, in virtù della posizione al centro della catena cinetica umana, funge da elemento di trasmissione che consente di trasferire l’energia tra gli arti superiori e quelli inferiori. Un tronco debole o inefficace, in chi compie lavori fisici e negli atleti, può dar luogo a movimenti funzionali alterati, posture alterate e a maggiore predisposizione a subire microtraumi e macrotraumi.

Per questo è importante avere una corretta educazione posturale sia per le persone affette da mal di schiena, sia per i soggetti sani per prevenirne l’insorgenza. Ma cosa si intende per POSTURA? 

Possiamo definirla come adattamento di ogni individuo all’ambiente fisico, psichico ed emozionale, in altre parole è il modo in cui reagiamo alla forza di gravità. La postura ideale è quella che permette al corpo di assumere una posizione con il minor sforzo possibile, in cui i vari segmenti siano allineati l’uno con l’altro. Ci possono essere posture corrette se si avvicinano a parametri ideali, scorrette se vi ci si allontanano, ma la postura ideale è solo teorica.

Molte volte il dolore lombare non è altro che un protrarsi di una postura scorretta mantenuta a lungo durante la vita quotidiana o l’attività lavorativa, spesso è sufficiente correggere quegli atteggiamenti posturali che hanno causato l’insorgere del dolore per risolvere il problema. Sedersi in modo rilassato e flettersi in avanti come se si volessero toccare le dita dei piedi, non fa altro che aumentare la pressione nelle articolazioni, stirare ed indebolire le strutture che sorreggono la schiena e causare ulteriore danno alla regione lombare; è quindi fondamentale sedersi mantenendo sempre la fisiologica lordosi lombare. Ad esempio a scuola un banco troppo basso favorisce l’ipercifosi e un’inversione della fisiologica lordosi lombare. E’ importante cercare di rimanere seduti il meno possibile, scegliere una sedia stabile ed alta con lo schienale dritto, assicurandosi di aver mantenuto una lordosi adeguata. Evitare di sedersi su divani morbidi e bassi, con le gambe tese in avanti perché queste posizioni fanno perdere la lordosi. Mentre ci si alza dalla posizione seduta cercare di mantenere la lordosi, portandosi in avanti sul bordo della sedia e raddrizzando le gambe senza piegare in avanti la schiena. Nella guida è fondamentale allontanare il sedile dal volante per guidare con le braccia quasi tese, in questo modo il tronco viene tenuto indietro e vi verrà impedito di assumere una postura rilassata. Nell’alzarsi dal letto bisogna mantenere la lordosi, mettendosi su un fianco, facendo scivolare le gambe fuori dal letto, posizionandosi a sedere sulle braccia ed evitando di flettersi in avanti. Evitare di tenere il portafogli o il cellulare nella tasca posteriore dei pantaloni quando si è seduti, per evitare un’appoggio sbilanciato sulla sedia e di conseguenza un’inclinazione laterale del bacino che se protratta per alcune ore potrebbe provocare diversi problemi.

Figura 3

Bibliografia

BLANDINE CALAIS-GERMAIN – Anatomia del moviemnto. VOLUME 1-2006, Edizione l’arciere, pagg 29-42

ROBIN A.MCKENZIE – Prenditi cura della tua schiena – Spinal publications Italia 2001

VINCENZO PIROLA – Il movimento umano applicato alla rieducazione e alle attività sportive – edi.ermes

S.BRENT BROTZMAN-ROBERT C. MANSKE La riabilitazione in ortopedia, terza edizione pagg 467-470